15 maggio a Sant’Ellero

Carissimi, ieri era il 15 maggio, un giorno particolare per chi, come noi, ha vissuto a Firenze negli anni d’oro di Don Carlo. Sono passati sei anni da quando ci ha lasciato per raggiungere sicuramente un mondo migliore, ma credo che molti di noi ne continuino a sentirne la mancanza.

Come cerco d fare ogni anno, anche per il legame giovanile che mi lega a Sant’Ellero, sono andato alla messa delle 11.00 sul colle dove Don Carlo mi sposò nel lontano 1993.

Dopo le risposte (scarse) alla mia precedente mail, e aver appurato la volontà di ricordare Don Carlo alla messa delle 16.00 in occasione della Santa Cresima e il 16 e il 22 a Firenze, non contavo di trovare a Messa persone affettivamente legate al nostro Don Carlo e, come sempre succede, è proprio in questi momenti che avvengono le cose più belle, quelle in grado di farti pensare che ancora c’è qualcuno che ti vuole stupire.

La chiesa piena, ma non affollata, a dir messa Don Massimo, Don Vincenzo e Don Corso. Tra i fedeli l’inossidabile amico di sempre “Luciano”. Dopo la lettura del Vangelo l’omelia viene magicamente lasciata a Don Corso, una magnifica omelia dedicata alla recente scomparsa di Don Carlo Fabretti, ma principalmente incentrata sul nostro “DON” Fiorentino “che aveva scelto la Romagna per l’ultima parte della sua vita” quasi a voler ringraziare quella “fragile figura di cappellano militare” che l’aveva rapito alla fama e al prestigio di una cattedra universitaria per affidarlo alla “Divina Provvidenza”. Un’omelia fatta con il cuore e la ragione che, nella semplice verità dell’esistenza terrena di un uomo illuminato, ha saputo tracciare quei lineamenti di un altro uomo, altrettanto illuminato, che ha dedicato tutto se stesso alla regola del “positivo fare” di un sacerdote galeatese assunto a “Padre” da tanti orfani  fiorentini.

Una omelia, tanto semplice quanto profonda che, nel giorno della Pentecoste, ha saputo tracciare con “voce sicura” quelli che erano e sono ancora gli insegnamenti che Don Carlo ha voluto lasciarci. La sua profonda necessità di conoscere il bisogno degli ultimi e di agire di conseguenza per rendere meno difficile la loro esistenza. La forza illuminata di chi sa cosa significhi sete di sapere, di quanto sia importante la sana cultura sociale per rendere questo mondo migliore; di quanto credesse in noi universitari come fuoco di una nuova rinascita della nostra società. Mai stanco, mai piegato nella rassegnazione di raggiungere un obiettivo, forse folle, ma necessario. Quella gioia del suo cuore che si esprimeva attraverso la voglia di vederti felice che, credo, facesse sì che mai ti dicesse cosa fare, aspettando solo che tu, nella tua autonomia, nella tua serenità, arrivassi a capire la necessità di farlo. “Sappi Gabriele che solo quando sarai in pace con te stesso, riuscirai a fare qualche cosa di utile per gli altri”. Una frase che ho dentro e che mai si è sopita e mai si cancellerà dal mio cuore. Che mi fa sperare “contro ogni speranza” che forse un giorno si raggiungerà quell’ideale mondo governato della nostra natura migliore.

E’ un insieme di magici simboli, di belle immagini che si ritrovano e si rincorrono; la Pentecoste, la Provvidenza, il Fare, la Ragione della Cultura, i Ponti di pace e, soprattutto, la Speranza. Parole che oggi paiono nascoste da una tetra luce di arroganza medievale ma che ci fanno ancora sperare che quanto Don Carlo ci ha insegnato, ci ha trasmesso con la sua usuale determinata delicatezza, possano reagire e riportare prepotentemente alla ribalta quella luce che ci manca, che solo persone grandi sanno trasmettere e che speriamo, prima o dopo, tornino a farci credere che un mondo migliore è possibile.

Grazie Don Corso, grazie Luciano e grazie ancora una volta “Don Carlo”, al prossimo 15 maggio a Sant’Ellero, in religioso silenzio, come quest’anno.

Gabriele Locatelli

16 maggio Messa per don Carlo a San Michelino

Sono passati 6 anni dalla morte di don Carlo Zaccaro il 15 maggio 2010.
L’Associazione Fioretta Mazzei e

l’Associazione Amici di don Carlo Zaccaro

vogliono ricordarlo con una Santa Messa che verrà celebrata a Firenze

lunedì 16 maggio alle ore 18.00

nella chiesa di S. Michelino Visdomini

Celebrerà il parroco, don Ernesto Lettieri.

Un invito a tutti gli amici a partecipare e a comunicare ad altri questo appuntamento.

……………………………………………

Il giorno 15 maggio verrà ricordato

– nella Messa di S.Procolo nella Badia Fiorentina
e
– a Galeata alle ore 18 nell’Abbazia di Sant’Ellero durante la celebrazione delle Cresime presieduta dal Vescovo di Forlì Bertinoro Mons Pizzi.

Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene

Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni.
Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola parte
di quella meravigliosa impresa che è l’opera di Dio.
Niente di ciò che noi facciamo è completo.
Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi.
Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire.
Nessuna preghiera esprime completamente la fede.
Nessun credo porta la perfezione.
Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni.
Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa.
Nessuna meta né obbiettivo raggiunge la completezza.
Di questo si tratta:
noi piantiamo semi che un giorno nasceranno.
Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno.
Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà.
Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità.
Non possiamo fare tutto,
però dà un senso di liberazione l’iniziarlo.
Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene.
Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino.
Una opportunità perché la grazia di Dio entri
e faccia il resto.
Può darsi che mai vedremo il suo compimento,
ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale.
Siamo manovali, non capomastri,
servitori, non messia.
Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene.

Stiamo con Francesco, Papa della gente e della speranza

da  https://www.stamptoscana.it/articolo/leader/stiamo-con-francesco-papa-della-gente-e-della-speranza

Firenze  – La Chiesa fiorentina ha accolto Francesco come l’uomo che più ne rappresenta la forte tensione umana e spirituale. Non c’erano solo le migliaia di persone assiepate dietro le barriere metalliche a salutare il pontefice dei poveri. Dietro di loro, sopra di loro, c’erano tutti quegli uomini che nel secolo scorso hanno lottato e sofferto per affermare il bisogno di una umanità nuova, sempre senza compromessi, dalla parte dell’ultimo. Gli Uomini delle Beatitudini.
Guardate bene fra quei volti e vedrete don Lorenzo Milani, padre Ernesto Balducci, i preti operai, don Giulio Facibeni, don Carlo Zaccaro, mons. Enrico Bartoletti, don Bensì, don Enzo Mazzi, Giorgio La Pira e tanti altri laici e religiosi, che sarebbe troppo lungo enumerare. Sono loro che hanno lasciato un’eredità profonda a volte silente a volte riaffiorante in tante storie individuali e collettive, protagoniste di una ricerca che non si arrende mai. Perché la spinta verso l’assoluto e’, prima di tutto, aspirazione alla realizzazione sulla terra dei valori più alti dello spirito.

Quante voci dentro questa cattedrale dove è passato lo spirito della storia. Dove Paolo Vi venne nel natale del 1966 a rendere omaggio a una città che si stava risollevando dai guasti dell’alluvione. Dove qualche secolo prima le chiese di oriente e occidente trovarono i motivi per una conciliazione che ebbe un respiro fragile, dove sostarono grandi uomini di stato come quel Pietro Leopoldo  che ebbe il coraggio per primo di abolire la pena di morte.

Questa è la nostra Firenze, Francesco, e noi siamo qui tutti insieme a ringraziarti per quello che stai facendo, per la speranza che stai offrendo ai poveri e agli emarginati di tutto il mondo, per le tue parole che hanno solo un senso, quello che va diritto al cuore di tutti. Per la tua azione instancabile nel riportare la Chiesa alle sue ispirazioni iniziali, al grande vento che spira dalle pagine del Vangelo. Noi siamo con te.

Piero Meucci

martedì 10 novembre, 2015

Commedia musicale “I ragazzi di don Zeno” a Roma

Commedia musicale :
“I ragazzi di don Zeno”
c/o AUDITORIUM CONCILIAZIONE,
Via della Conciliazione 4, Roma
sabato 17 ottobre 2015 ore 21.00
domenica 18 ottobre ore 17.00
e lunedì 19 ottobre ore 10.00 ed ore 21.00

INGRESSO LIBERO (durata 120 min)
per questioni organizzative è richiesta la PRENOTAZIONE https://www.donzeno.com/musical/musical.php
l’assegnazione dei posti avverrà in base all’ordine cronologico di prenotazione.

Brochure: https://www.nomadelfia.com/images/musical/brochure.pdf
Foto da scaricare: https://www.nomadelfia.com/images/musical/mirandola/i_ragazzi_di_don_zeno.zip
Sito Nomadelfia:www.nomadelfia.it
Sito don Zeno: www.donzeno.it
Facebook: https://www.facebook.com/pages/Nomadelfia-Una-proposta/205837099457337?ref=profile

Informazioni su Nomadelfia: info@nomadelfia.it
per questioni musicali: musica@nomadelfia.it (Roberto 389 4271621 dalle ore 14 in poi)

Cesare Trebeschi su TV2000

24 aprile 2015


____________________________________________________________________________________________

Un articolo su don Carlo scritto da Cesare Trebeschi per la Rivista di Diritto Agrario https://drive.google.com/file/d/0B5oF3yYjidfIa0QxRzdRc1hTS3FhYW5DSFNPRUdqdw/view?pli=1

Appunti di laicità   https://www.giovannibachelet.it/pag1vekkia/TrebeschiBrescia111008.pdf

Su Leopoldo Elia   https://www.giuristicattolicimilano.it/trebeschi_el_ccata_chiodo.pdf

https://archiviostorico.corriere.it/2007/aprile/25/Trebeschi_Quei_dieci_anni_sindaco_co_7_070425036.shtml

https://it-it.facebook.com/notes/giovanni-bachelet/28-maggio-la-strage-di-brescia-quarantanni-dopo-di-cesare-trebeschi/10152486307146742

 

 

 

Lettera del Papa sui cristiani nascosti in Giappone

https://it.radiovaticana.va/news/2015/03/07/lettera_del_papa_sui_cristiani_nascosti_in_giappone/1127733

Dal 14 al 17 marzo prossimi la Chiesa giapponese ha celebrato il 150.mo anniversario della scoperta dei “cristiani nascosti” del Giappone, i fedeli che dopo 250 anni di persecuzioni furono finalmente liberi di professare la loro fede. Per l’occasione si recherà a Nagasaki il cardinale Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato, nelle Filippine – inviato speciale del Santo Padre per quest’occasione – al quale Papa Francesco ha scritto una lettera per accompagnarlo nella sua missione.

AUDIO  https://media02.radiovaticana.va/audio/audio2/mp3/00468389.mp3

Un invito ai fedeli a partecipare a questa festa della Chiesa giapponese, ma anche un omaggio ai tanti martiri che hanno donato la propria vita per la sua sopravvivenza. Papa Francesco, impartendo la propria Benedizione Apostolica alle prossime celebrazioni in Giappone, ricorda la testimonianza dei tanti cristiani giapponesi, che riuscirono a tenere la loro fede viva nonostante i secoli bui: una storia dalla quale tutti possiamo imparare, come già aveva sottolineato nel corso dell’Udienza generale del 15 gennaio 2014:

“È esemplare la storia della comunità cristiana in Giappone. Essa subì una dura persecuzione agli inizi del secolo XVII. Vi furono numerosi martiri, i membri del clero furono espulsi e migliaia di fedeli furono uccisi. Non è rimasto in Giappone nessun prete, tutti sono stati espulsi”.

Accadeva nel 1597, appena una cinquantina di anni dopo l’arrivo in Giappone dei Gesuiti prima e di Francescani e Domenicani poi, perché lo shogun credeva che dietro il loro apostolato ci fossero velleità di conquiste militari. Da allora i cristiani divennero “kakure”, nascosti: vivevano nelle catacombe, e non essendoci più sacerdoti, erano i padri di famiglia a battezzare i figli e a trasmettere loro la fede. Ci furono anche molti morti in odium fidei: si ricordano fra i tanti i 26 martiri uccisi a Nagasaki e i 188 che persero la vita nella seconda ondata di persecuzioni, tra il 1603 e il 1639, donne, bambini, intere famiglie. Ma la comunità resistette, mimetizzando i propri simboli dietro a quelli buddisti e risorgendo a nuova vita solo nel 1865, quando il Giappone riaprì le porte ai missionari francesi, che il Venerdì Santo si ritrovarono a celebrare davanti a diecimila fedeli, come ha ricordato anche il Papa:

“Erano sopravvissuti con la grazia del loro Battesimo! Questo è grande: il Popolo di Dio trasmette la fede, battezza i suoi figli e va avanti. E avevano mantenuto, pur nel segreto, un forte spirito comunitario, perché il Battesimo li aveva fatti diventare un solo corpo in Cristo: erano isolati e nascosti, ma erano sempre membra del Popolo di Dio, membra della Chiesa”.